21 settembre 2009

Piccoli Kyu crescono

Nella "scala dell'Aikido" ogni passaggio di cintura segna un gradino in più conquistato, ma verso quale obiettivo? Il praticante di Aikido sa che l'obiettivo è semplicemente il gradino successivo, e sa anche che non c'è un traguardo ultimo, finale, dopo il quale la sua ricerca sarà conclusa. Se la pratica lo accompagnerà per tutta la vita, ad un certo punto probabilmente i gradini non esisteranno nemmeno più, la ricerca diventerà introspettiva, come una spirale che si arrotola infinite volte su se stessa, smetterà di essere quantificabile, giudicabile da un esaminatore, il solo esaminatore possibile sarà l'esaminato stesso che dovrà confrontarsi con il suo diretto operato.

Ma non divaghiamo, questo succede solo dopo molti molti anni, e per i "piccoli kyu" questa è una meta che si riesce ad immaginare solo osservando l'esempio degli insegnanti. Ciononostante questa distesa di tempo e di esperienza che divide i principianti dal Maestro non crea frustrazione, ansia, come spesso accade con i propri superiori o con gli insegnanti a scuola, perché l'attività del maestro non è mai finalizzata ad umiliare o sminuire chi muove ancora i suoi primi passi sul tatami con incertezze e imbarazzo.

In una buona scuola il Maestro è un riferimento soprattutto morale, etico, un esempio di fermezza, correttezza una persona sulla quale si è certi di poter riporre la propria fiducia, poiché gli si affida in un certo senso la propria incolumità (non dimentichiamoci che una pratica scorretta o inconsapevole può provocare dei danni fisici anche gravi).

Nel suo
Tao per un anno Deng Ming-Dao scrive: "Senza un maestro non possiamo cominciare, ma se non vediamo al di là della sua persona non possiamo aspirare all'interezza. Un buon maestro ci conduce verso il nostro maestro interiore."
Ed è così che, passo dopo passo, il buon maestro conduce l'allievo nel
Tao dell'Aikido, ed è ancora così che, esame dopo esame, i piccoli kyu crescono, e crescono nella pratica, ma soprattutto crescono nella vita di tutti i giorni, e sentono temprarsi il corpo ma anche lo spirito. Sentono che è più facile far valere i propri diritti, ma anche adempiere ai propri doveri.

Questo spiega anche perché qualche volta abbandonano.

Non è sempre facile assumersi le proprie responsabilità, talvolta tendiamo a rimandare o a demandare agli altri, se è possibile. Sul tatami questo non si può fare, e durante un esame meno che mai. Ciascuno di noi sulla materassina è solo con le proprie paure, le ansie e le aspirazioni, ognuno fa Aikido solo per se stesso, per soddisfare la propria sete. Talvolta è un bisogno di mostrarsi, di emergere, talvolta è un desiderio di sopraffare, altre volte è solo la necessità di migliorarsi. Credo che solo questa ultima esigenza permetta una crescita aikidoistica, poiché si tratta di un processo molto lungo.
Il confronto con chi pratica da molti anni è stimolante, ma qualche volta, se si è un po' stanchi, può apparire frustrante. Se si cercano altri risultati, più esterni, spesso si tende ad abbandonare la via, a cercarne una più semplice che apporti dei risultati con meno impiego di tempo e di energie.

Essere kyu è un po' come essere bambini: per poter camminare è necessario prima imparare a gattonare, poi ci vuole la forza di volontà per alzarsi e soprattutto il coraggio di cadere (e questa volta non solo in senso metaforico!). Così come non possiamo pensare di nascere già adulti, allo stesso modo dobbiamo apprezzare i passi mossi come principianti, perché sono le basi per quelli futuri.

Un giorno un noto pediatra, ad una madre eccessivamente ansiosa perché il proprio figlio non aveva intenzione di alzarsi in piedi, rispose: "
Signora, lei ha mai visto per strada un adulto gattonare?" Questa è la stessa risposta che dobbiamo dare a noi stessi quando ci lasciamo prendere dalla fretta, che è figlia di una filosofia tutta occidentale che ha contaminato molte arti marziali ma non l'Aikido.

Se saremo costanti anche il primo Dan arriverà... ma anche dan... non vuol dire "grado"... "scalino"...?

Do






Ogni passo una via che si apre e milioni di altre che ci sfuggono, forse per sempre. Quante vite ho mancato per poterne scegliere una sola? E' un vero rischio o semplice inconsapevolezza?
Gli indiani d'America hanno ragione, il futuro è alle spalle, altrimenti potremmo vederlo, riconoscerlo, e magari fotterlo, ogni tanto, scegliendo una via non troppo irta di difficoltà.
Ma sebbene assalita da mille dubbi, per il lavoro che non ho mai avuto, l'amore perso per strada, la città mai visitata, non smetto di ringraziare, ogni mattina, per l'Amore che ho accanto, il lavoro che ho scelto, la città che mi stupisce quando credo di odiarla, con i suoi toni di "grigio su grigio", quella di chi ha "occhi e cuore" per guardarla, come mi suggerì qualcuno.
Proprio quando avevo pensato di non avere più nulla da perdere... ecco che mi scopro ad avere tutto da trovare.

Il mio sorriso del mattino è dedicato a tutte le persone che ho incrociato, a quelle che per volere del destino mi sono sfuggite e a tutti quelli che incontrerò, perchè il migliore dei mari....

17 settembre 2009

Rosso Malpelo














"Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre, col sentirgli dir sempre a quel modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo."

C'entra senz'altro il gatto dei miei vicini. Pelirojo e con lo sguardo vitreo, assente, infilato in chissà quale mondo che non è il mio.
Se ne sta lì, appoggiato alla balaustra del quinto piano, sporto come se si affacciasse da dieci centimetri, e non venti metri.
Mi fa paura vederlo così, assente nella mente e del tutto presente con il corpo benchè affacciato su una possibile morte. E non me la bevo, quella delle sette vite, mi dispiace.
Comunque, com'è come non è, da quando l'eclettico micio è entrato nella mia vita, succedono di nuovo strane cose. Da quattro giorni penso a qualcuno che non vedo da mesi, anni, e inspiegabilmente questo mi si presenta davanti il giorno appresso. Ora, io ho questa meravigliosa teoria secondo la quale credo che tutto sia POSSIBILE fino a quando non mi si dimostra il contrario, quindi il fenomeno non lo trovo poi così stupefacente, quello che mi fa sorridere è che, come molti, moltissimi anni fa, questo avvenimento è legato ad un gatto.
Anche allora un grosso e foltissimo gatto rosso mi aspettava ogni giorno, al mattino mentre uscivo per andare a scuola, e accompagnava i miei passi per qualche metro, quanto bastava per farmi pensare a qualcuno che immancabilmente mi sarebbe apparso nel giro di pochi minuti (ero più giovane, e quindi anche più reattiva!). Questo, insieme alla capacità di conoscere il sesso dei nascituri, mi aveva dato un certa nomea, per qualche tempo, ma si sa, nei piccoli paesi di qualcosa si deve pur parlare. Poi un giorno, così com'era comparso, il felino scomparve, e con lui la mia ben poco utile "preveggenza".
Povera piccola e abbandonata Cassandra rimasta senza famiglio! Forse aveva esaurito la sua settima vita.
Oggi il mio compagno di balcone che i vicini hanno molto originalmente battezzato "Gatto" (probabilmente per un improvviso crack lessicale) mi ha fatto rivivere quelle buffe sensazioni da "Bia, la Strega della Magia", quel delirio di onnipotenza che ci pervade solo in alcuni momenti della vita, di solito nell'infanzia.
Ma si sa, per crescere c'è sempre tempo...