17 maggio 2011

Bikers Life/2


Ci sono ruote costruite per macinare piste, asfalto, altre per la sabbia, gli sterrati, ma tutte per consumarsi con i kilometri, con la voglia di andare, anche controvento.
La strada ti porta, non sei sicuro che arriverai dove ti eri ripromesso in partenza, magari ti fermerai prima, a consumare birra in un bar, magari passerai oltre perchè la strada ha ancora voglia di te.
La moto è fatta così, un solo oggetto per alcuni, ma così carico di energia per altri, da divenire un talismano. L'antidoto per una settimana tra le vie senza sole della città, in mezzo allo smog e agli automobilisti frustrati già al lunedì. Il piacere un po' masochistico forse nella scomodità di una sella dura e nelle pedaline troppo alte. La gioia di stare al mondo vivendolo dall'interno, assaporandolo, odorandolo.
Le montagne che si stagliano lontano mi ricordano quanto siamo piccoli, ma i cartelli dappertutto che gridano "NO TAV!", mi fanno pensare che siamo anche capaci di cose grandi, nel male come nel bene, di generare enormi dicotomie.

Visto che non guido, mi posso permettere di scrivere milioni di parole nella mia mente, dedita per una volta solo a se stessa.
Questo silenzio imposto è meraviglioso.
In due.
Uniti in un abbraccio ma splendidamente soli nei pensieri.
Si parla poco in moto, e non solo perchè lei fa la voce grossa! Si sta con se stessi e il fuori, in simbiosi alle volte così perfetta da dare un groppo in gola, come quando da sola su una spiaggia osservi l'immensità del mare.

26 aprile 2011

Rifiutare

Non quello dello Zanichelli, inteso come "non accettare".
Il rifiutare dei nostri giorni non è nemmeno quello di "annusare una seconda volta".
No, il rifiutare che vedo ogni giorno è un neo semantismo per "andar per rifiuti".
Un nuovo stile di vita per molti, giovani e vecchi, donne e uomini, di ogni ceto, etnia o età.
Sempre di più aumenta il numero delle persone che incontro per la strada a tutte le ore, in cerca di un tesoro abbandonato nel cassonetto.
La mattina trovo i giovani, extracomunitari perlopiù (ma che cazzo vuol dire poi extracomunitari, se parliamo dell'unione Europea dovremmo definire così anche gli inglesi!).
Le sera, quando rientro invece incontro gli anziani, dignitosi puliti e benvestiti, strangolati da una pensione che definire minima è un eufemismo, quindi chiamiamola pure infima.
Uomini e donne che hanno magari lavorato per una vita e ora sono ombre, nascoste come chi si vergogna, costretti a cercare di campare con quello che gli altri hanno buttato via.

Un decennio fa, per le strade di Belgrado, subito dopo gli ultimi bombardamenti, pensavo guardando gli anziani questuanti per le strade, che la civiltà di un governo si vede da come riesce ad occuparsi degli anziani, di quelli soli, di quelli malati. La Serbia allora aveva perlomeno l'attenuante della guerra, ma noi?
Possiamo definirci un paese civile? Stiamo perdendo tutto, tutto quello che quelle stesse persone che ora sono costrette ad umiliarsi, avevano costruito per noi.
E noi stiamo qui, ad osservarli, rattristati, da un balcone.