14 febbraio 2010

13 Febbraio

Ieri ho spento sessantotto candeline immaginarie e bevuto cento lacrime reali.

Ho masticato sabbia e sale, su quella scogliera, pochi giorni fa. Il vento mi sbatteva di continuo in faccia la mia solitudine.
Non ho portato fiori, la salsedine li brucia in poche ore. Le mie piantine però sono ancora lì, figlie della terra, si tengono abbarbicate e sfidano il Maestrale.
Tra un paio di mesi porterò in dono un bouquet di tulipani e spighe, lo lascerò là in segno di sfida al vento, al mare.
Le porte del pesante cancello in ferro sono sempre aperte, per chi può uscire.
Posso trovare volti familiari di più di un secolo fa, e sapere che un po' di ciascuna di queste persone vive dentro di me, mi fa sentire piccola, appena un frammento, nel tutto vivente.

Un giorno anche io sarò di nuovo atomi e ioni, ma forse il giorno dopo sarò di nuovo cellula, chissà...

1 commento:

  1. Dici che il pensiero che una parte di quelle persone vive in te ti fa sentire piccola nell'insieme vivente. Eppure dovrebbe essere il contrario: un frammento di ognuna di quelle persone ti accresce, ti arricchisce di un particolare, come se fossi il dipinto disegnato da tanti artisti, ognuno dei quali mette un proprio particolare sulla tela. Si diviene così complessi e ci si sente infiniti, tante sono le persone che in noi rimangono, imprimendo in noi stessi un segno indelebile.

    Il vecchio principio che studiavo dalle superiori, e che mi assilla sempre, afferma che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Atomi e ioni fanno una cellula; fanno pensiero e azioni; fanno spirito, infinito e immortale.
    Può cambiare l'apparenza, ma la sostanza rimane perfettamente integra, nella sua essenza.

    Un abbraccio

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