28 aprile 2009

Mamma ho perso l'uke!



Aikido con un sorriso.
Citando Bill Witt, un Sensei d'oltreoceano, ad occidente questa volta, ripenso a questa disciplina che, tra tanto prendersi sul serio, non disdegna mai il piacere di concedere questo movimento muscolare che illumina il volto.
Così, dopo un week-end impregnato di internazionalità, nuovi incontri e nuovi lividi, condiviso con tanti dan e davvero intriso di sudore, lacrime e sangue, non so perchè, invece di venirmi fuori un fiume di parole elogianti l'alto livello dei praticanti, mi viene da parlare di un altro fenomeno, forse meno consono al Reishiki, all'etichetta, ovvero quello dell'uke sfuggente.
Certo a ciascuno di noi piace quella sensazione tra le dita, quando si gioca il ruolo di tori, quell'idea di potere che nasce quando si conclude la tecnica e l'uke cade a terra sopraffatto, vinto. E poco importa se in realtà è condiscendenza, e tra pochi secondi il "miglior attore protagonista" vincerà l'Oscar come "miglior attore non protagonista", soprattutto quando tori pesa 48 kg e uke magari dai 90 in su! Però questo magnifico delirio di onnipotenza si scioglie nel momento in cui, tre secondi prima che tu abbia concluso la tecnica... paf! l'uke si schianta a terra, da solo!
A me per esempio ricorda il ragno che, bluffando, si finge morto e rannicchia le zampine, sperando di fregare così il nemico.
A parte l'effetto sorpresa (và come sono in forma oggi!), e la valutazione su quanto sia davvero determinante l'intenzione (:-), quella che rimane, perlopiù, è la sensazione dell'incompiuta, come quando ti sei tenuto l'ultimo pezzo di torta, quello con la fragola perfetta al centro e qualcuno te la ruba dal piatto. Inoltre c'è da tenere conto di quanto possa essere pericolosa, per l'uke stesso, la suddetta manovra. Di solito infatti è causata da una prematura ritirata per la paura di ricevere la tecnica, la caduta quindi, oltre a risultare innaturale, è pericolosa perchè scoordinata e magari destinata a spegnersi sul proprio tori o su se stessi.
Risolvere l'annoso problema non è facile. Da un lato il naturale timore dell'uke, dall'altro talvolta un eccesso di zelo di tori.
Affidarsi ad un'altra persona e lasciare che questa esegua su di noi una tecnica che inevitabilmente ci lascerà sconfitti, scomodi e talvolta un po' doloranti, richiede una fiducia incondizionata nel proprio compagno.
Questo sentimento bisogna un po' guadagnarselo e un po' concederlo.
Ancora una volta l'awase, l'unione armonica, è il naturale complemento per far sì che una caduta sia la volontaria e liberatoria conclusione della tecnica e non un accasciarsi molle e senza vitalità.
Altrimenti quando un uke arriva a terra in quel modo, capita di scorgere il suo compagno in piedi, che si guarda intorno quasi a voler avvistare quelli di CSI pronti a disegnare, attorno al corpo inerme, un bel tracciato bianco!

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